A proposito di migrazioni……i Celti (nostri
progenitori)
Sintesi della conferenza tenuta dal Generale
Dario SACCO
Il Piemonte fu abitato già nell’età neolitica da
popolazioni definite “Liguri”.
In seguito accolse uno dei rami della gran
famiglia ariana: i Celti, i quali si stanziarono
dalle Alpi al Po e, conoscendo le tecniche della
fusione del ferro, costruirono armi più
incisive che diedero loro la supremazia sugli
avversari.
Celti e Liguri erano divisi in numerose tribù,
dislocate sul terreno a macchia di leopardo,
le quali fraternizzarono ed insieme cominciarono
un’operazione di bonifica del territorio,
rendendo il terreno coltivabile e fertile.
Da questa unione venne a formarsi un ceppo
Celto–Ligure che governò la nostra
preistoria impedendo ad altre tribù di entrare
nella fertile e ricca valle del Po.
Altri Celti arrivarono in seguito, dal VI secolo
a.C., e tra questi i Salassi che si
appropriarono della Valle d’Aosta e delle valli
adiacenti bloccati però dal ceppo Celto–
Ligure nel Canavese.
Secondo i Romani i Celti (che essi chiamavano
Galli ed i greci Galati) erano un popolo
che pur avendo una propria cultura, non poteva
paragonarsi alle civiltà mediterranee.
La loro preistoria fu governata da due culture:
- la cultura
Halstattiana dal IX secolo circa al VI secolo. Fu
caratterizzata dalla
conoscenza della fusione del ferro, che permise
loro di avere armi più sofisticate
degli avversari e la scoperta di giacimenti di
salgemma, indispensabile per la
conservazione dei cibi e che li rese ricchi;
- la cultura
Lateniana, dal VI secolo in poi, che fu caratterizzata
dall’impiego dei carri
di combattimento, che creavano timore e terrore
negli avversari, e dallo sviluppo
dell’arte che fu influenzata da quelle
greco-romana e persiana.
Alla base dell’organizzazione politica della
cultura celtica, c’era la Tribù al cui vertice
operavano il Rex ed il Druido; quest’ultimo era
il referente morale del popolo e
coordinatore delle funzioni religiose e della
giustizia.
La classe intermedia era rappresentata dai
nobili, dai militari, dai possidenti e dai
cavalieri. Il popolo, aiutato dagli schiavi, che
potevano essere venduti o sacrificati nella
funzioni religiose che lo prevedevano, produceva
ricchezza per tutti.
La tribù, arrivata in una determinata zona,
costruiva le capanne che venivano subito
cintate da palizzate protette da fossati.
Nell’interno del villaggio tutto era organizzato
per il buon funzionamento della vita quotidiana.
Sotto l’aspetto fisico, i Celti erano tipicamente
robusti, con capelli biondi e occhi azzurri.
Combattevano con una spada a lama corta che
usavano come arma da taglio. In
combattimento preferivano il “corpo a corpo”;
tuttavia dopo il primo assalto perdevano
slancio ed erano destinati a perdere contro eserciti
organizzati; il grande storico Tito
Livio descrisse il loro modo di combattere con
una frase lapidaria: “all’inizio combattono
più che da uomini, alla fine meno che da
donne”.
La loro religione, il Druidismo, prevedeva
l’immortalità dell’anima; in seguito venne
soppiantato dal Cristianesimo.
I primi Celti arrivati in Italia (Leponti,
Insubri, Cenomani, Libui, Senoni e lingoni), si
schierarono a cavallo della valle del Po che in
seguito i romani chiamarono la Gallia
Cisalpina per distinguerla da quella Transalpina
posta aldilà delle Alpi.
A Roma giunsero nel 390 a.C.. Battuti i romani
sul fiume Allia, i Senoni arrivarono in
città e la saccheggiarono. Per lasciare la città,
richiesero un ingente pagamento in oro.
Durante la pesa si verificò l’episodio di Brenno
che, scontento per i continui reclami dei
romani, gettò la spada su un piatto della
bilancia gridando la frase “Vae Victis – Guai ai
vinti”. A questa frase rispose Furio Camillo presente alla pesa che,
gettando la sua
spada sull’altro piatto disse la seguente frase”
non auro, ma ferro, recuperanda est
Patria – non con l’oro ma con il ferro si
riscatta la Patria”
Con la sconfitta di Talamone (222 a.C.), la
stella celtica incominciò a tramontare.
Ebbe un sussulto nel 56 a.C. quando
Vercingetorige, re celtico, radunò intorno a se
tutte le tribù delle Gallie Cisalpina e
Transalpina ed applicando una tattica particolare
(terra bruciata avanti alla progressione delle
legioni romane), mise in crisi l’intera
organizzazione comandata da Cesare.
Le forze in campo però erano a favore dei romani
per cui Vercingetorige, barricatosi
nella città di Alesia, finì per arrendersi.
Cesare non ebbe pietà, lo fece sfilare in catene
ed al suo fianco, attraverso i Fori
Imperiali e quindi lo fece imprigionare nel
carcere Mamertino dove venne assassinato.