Sintesi
della conferenza del 19 febbraio 2016 tenuta dal
Generale
Dario Sacco
sul tema:
“Considerazioni storiche ed artistiche
sul marchesato del Monferrato”
Il Marchesato del Monferrato nacque ufficialmente
il 23 marzo 967, quando l’Imperatore Ottone I, con un suo diploma conservato
presso l’Archivio di Stato di Torino, confermò ad Aleramo, figlio di Guglielmo
I di Borgogna, tutti i territori in suo possesso, aggiungendovi sedici
Comitati.
Così come è scritto nel diploma, li concesse “omnes illas cortes
in desertis locis, consistentis a flumine Tanaro usquem ad lumen Urbam et at
litus maris”.
Stemma Araldico del
Marchesato del Monferrato
Lo scopo di una Marca così estesa era quello di
metterla in condizione di opporsi a sbarchi saraceni lungo il litorale ligure
tra Savona ed Albenga ed eliminare tutti gli insediamenti saraceni nel proprio
territorio.
I pirati saraceni erano sbarcati nell’attuale
baia di Saint Tropez edificando un luogo fortificato denominato Fraxinetum,
dal quale erano iniziate le scorrerie al di qua delle Alpi. Il Monferrato non
restò immune da tali scorrerie e lo dimostrano i toponimi di Frassinello Monferrato e Frassinetto Po.
Aleramo è stato il capostipite del Marchesato.
Ma chi era Aleramo?
Ad onore del vero conosciamo ben poco della sua
vita e delle sue gesta !
Dalla storia sappiamo che era il figlio di Guglielmo I di Borgogna e che in
un diploma dei re Ugo e Lotario, gli era stata fatta una donazione della Corte
di Auriola nel Comitato di Vercelli.
Per saperne di più, si ricorre alle leggende
anche se si ritiene che esse siano, a dir poco, esagerate
La leggenda fu in seguito ripresa dal nostro
grande poeta Giosuè Carducci che nel 1909 pubblicò un libro intitolato
“Cavalleria ed Umanesimo” nel quale si
ipotizzò che Aleramo fosse nato a Sezzadio durante un pellegrinaggio effettuato
dai genitori, nobili Sassoni.
Dopo un paio di mesi di sosta in quel luogo, i
genitori proseguirono il loro viaggio affidando il bambino ad una nutrice, ma
nel viaggio di ritorno morirono in un incidente e morì anche la nutrice per cui
il bambino venne adottato dal Conte di Sezzadio.
Giovanetto, su richiesta di personale da parte
dell’Imperatore Ottone, Aleramo venne mandato presso la corte imperiale dove
nacque un tenero sentimento con la figlia dell’imperatore, Alasia.
Temendo la
reazione del padre, Alasia propose ad Aleramo la fuga verso l’Italia ed
approdarono sulle colline di fronte all’attuale città di Alassio, anticamente
chiamata Lamio (etimologicamente la leggenda la fa derivare dalla mitica
Alasia).
Qualche tempo dopo Ottone venne in Italia per
sedare la rivolta della città di Brescia e gli venne rapito il nipote che
Aleramo riuscì a liberare. Portato davanti all’Imperatore, Aleramo raccontò la
sua storia che commosse il rigido uomo d’armi che lo perdonò, ed in un impeto
di generosità, gli diede il titolo di
Marchese e tanto territorio quanto ne poteva percorrere a cavallo, in tre
giorni e tre notti.
Ed Aleramo attraversò il Monferrato che
etimologicamente deriva da “Mun” (in piemontese mattone) con il quale
Aleramo aveva sistemato un ferro perso dal cavallo durante la cavalcata e “fra”
che significa ferrare.
Alla sua
morte avvenuta sicuramente prima del 991 il Marchese Aleramo fu sepolto
nell’Abbazia di Grazzano da lui stesso fondata.
Il marchesato s’ingrandì molto reggente Guglielmo
V che, avendo sposato Julitta nipote dell’Imperatore Enrico IV, divenne lo zio
di Federico Barbarossa. Gli Aleramici aiutarono molto Federico Barbarossa nel
sedare le ribellioni di varie città del Nord Italia avendone in cambio diversi
feudi, tra i quali quelli di Acqui, Moncalvo e Chivasso.
Con il Marchese Giovanni, morto senza avere figli
legittimi, il Marchesato del Monferrato passò alla sorella Violante Imperatrice
di Bisanzio per avere sposato Andronico II Paleologo Imperatore, e da essa al
secondogenito Teodoro I.
Teodoro sbarcò a Genova dove si recò in visita di
cortesia al Signore della Città, Opicino Spinola e qui incontrò la figlia e la
sposò. Dopo il matrimonio si recò nel suo nuovo territorio dove recuperò, con
la forza delle armi e del nome del suo casato (era figlio di un Imperatore che
aveva amici e parenti in tutta l’Europa), i territori occupati dai Visconti di
Milano e dai Savoia di Torino.
Nello stesso tempo sedò le pretese dei Marchesi
di Saluzzo che si ritenevano eredi naturali del Marchesato per le loro origini
aleramiche (erano discendenti di Anselmo, figlio di Aleramo).
Il Marchese Teodoro II ingrandì di molto il
Marchesato anche con l’aiuto di un grande condottiero, Facino Cane con la sua
compagnia di ventura ed arrivò persino alla conquista di Milano e Genova che
poi lasciò libere per incapacità di gestirle.
Con l’ultimo Marchese della dinastia Paleologo,
Gian Giorgio, morto senza avere figli legittimi, il marchesato passò a
Margherita, sua nipote e quindi alla dinastia Gonzaga per aver sposato Federico
II Duca di Mantova. Il passaggio fu confermato dal Trattato di Cateaux
Cambresis.
Bassorilievo rappresentante la pace di Cateaux Cambresis
alla base del
monumento ad Emanuele Filiberto a Torino in Piazza San Carlo
Dopo molte peripezie, la dinastia Gonzaga perse
il territorio in questione perché, essendosi avvicinata molto alla politica
francese, l’ultimo Duca Ferdinando Carlo fu accusato di fellonia
dall’Imperatore che gli tolse il feudo del Monferrato assegnandolo a Vittorio
Amedeo II di Savoia.
Il passaggio fu confermato dal Trattato di
Utrect.
Per la sua posizione strategica il Monferrato fu
attraversato dalle grandi vie di comunicazioni (vie francigene) percorse dai
pellegrini diretti ai luoghi Santi del Cristianesimo. Per la loro assistenza
durante il percorso, sorsero le grandi strutture monastiche che, in seguito
divennero centri di aggregazione culturale ed artistica.
Molti grandi pittori di quel periodo, mi
riferisco a Jacopo Iacquerio, Defendente Ferrari, Pier Francesco Guala,
Gugluelmo Caccia e sua figlia Maddalena, iniziarono la loro opera in queste
strutture lasciando in eredità all’intera umanità un patrimonio di incommensurabile valore artistico.